Oggi ci addentriamo e proviamo a smantellare una leggenda pericolosa che ha preso molto piede nella nostra cultura, ossia il mantra “se ti sacrifichi per il tuo lavoro allora vali di più”.
È una frase che ti torna familiare? Non sei l’unico, soprattutto tra i millennials è emerso che:
🤒 63% è produttivo anche in malattia
🚽 32% lavora addirittura in bagno
🏖️ 70% dichiara di rimanere attivo nel weekend
Andiamo a spacchettare questa convinzione per capirne significato ed effetti sul nostro benessere a 360°.
😵 “Sacrificarsi per il proprio lavoro“ significa mettere in secondo piano quegli aspetti della vita che non sono funzionali al proprio lavoro.
💰 “Vali di più” presuppone che il tuo valore come persona è ben legato – con lucchetto a doppia mandata – al tuo lavoro.
Una frase di 11 parole, che un pò come gli 11 drink settimanali per l’alcolismo, ci fa correre il rischio di metterci sulla via del workaholism.
🧐 Ma di cosa si tratta?
Come spiega questo post di Factanza (media company che nasce per rivoluzionare il mondo dell’informazione, rendendolo più interessante, giovane e immediato) il termine Workaholism è stato coniato nel 1971 dallo psicologo Wayne Oates e sta ad indicare il bisogno continuo di lavorare e la tendenza a pensare costantemente al proprio lavoro, indipendentemente dal carico richiesto.
🌪️ Qual è l’impatto di questa tendenza sul nostro benessere?
Da uno studio pubblicato sull’Harvard Business Review (che ha coinvolto 763 dipendenti) è emerso che, le persone affette da workaholism e quindi ossessionate dal lavoro hanno riportato più disturbi di salute e un maggior rischio di sindrome metabolica. Hanno inoltre riferito un maggior bisogno di recupero, più problemi di sonno, più cinismo, più esaurimento emotivo e più sentimenti depressivi rispetto ai dipendenti che lavoravano semplicemente per molte ore ma senza tendenze stacanoviste.
🤯 A differenza delle persone che si limitano a lavorare per molte ore, gli stacanovisti fanno fatica a staccarsi psicologicamente dal lavoro.
Lo studio sottolinea come le persone affette da workaholism che amano il proprio lavoro tendano ad essere più protette rispetto ai rischi più gravi per la salute.
Ma perchè succede?
Abbiamo provato a farvi uno schema:
Ma ci sono altre motivazioni che si inseriscono in questo circolo vizioso, tra queste:
- la pressione sociale: in molte società moderne, il lavoro viene spesso considerato una priorità e viene dato molto valore al successo professionale. Le persone possono sentirsi sotto pressione per lavorare intensamente e dimostrare una dedizione costante per avere successo o essere considerate di successo.
- le ambizioni personali: alcune persone possono avere ambizioni personali molto forti o obiettivi ambiziosi che li spingono a dedicare una quantità smisurata di tempo ed energia al lavoro. La ricerca di successo, realizzazione personale o gratificazione può alimentare la dipendenza dal lavoro.
- il senso di identità: il lavoro può diventare parte integrante dell’identità di una persona. Alcuni individui possono identificarsi così tanto con il proprio ruolo lavorativo e sentirsi privi di valore o svuotati quando non sono impegnati nel lavoro.
- la tecnologia e connettività costante: l’avvento della tecnologia e la possibilità di essere costantemente connessi al lavoro tramite dispositivi mobili hanno reso più facile e comune il lavoro oltre gli orari tradizionali. Questo può portare a una maggiore dipendenza dal lavoro e alla difficoltà di staccare completamente.
Cosa possiamo fare per arginare questo comportamento che non ci aiuta a stare al meglio?
Ecco un esercizio tutto per te! Partiamo da una domanda 😅
Se il medico ti chiedesse: “quanti drink lavorativi (ossia quante volte vai fuori orario lavorativo) hai bevuto nell’ultimo mese?” cosa risponderesti?
- Occasionalmente (in caso di urgenze e scadenze, non più di una volta a settimana)
- In socialità (solo nei casi in cui lo fanno anche gli altri)
- Solo quando necessario (la risposta giusta sarebbe mai, ma sappiamo che non è così 😉
- Ad ogni pasto (il doppio delle ore necessarie, più d’una volta al giorno)
Il nostro obiettivo non è certo definire una diagnosi ma aiutarti a capire i motivi che ti portano ad avere comportamenti che possono ledere alla tua salute (professionale e non solo).
Le motivazioni che portano a questo comportamento sono profonde e molto soggettive, tra queste ne riconosci alcune?
- Adoro i miei colleghi ci passerei tutto il tempo del mondo
- Credo che dare tutto me stesso al lavoro possa aprirmi alla via del successo
- Il mio monolocale mi fa molta tristezza e voglio starci il meno possibile (cit.)
- Sento che il lavoro che faccio rappresenti la parte migliore di me
- Senza il mio lavoro mi sentirei persa/perso
Sappiamo che il peso degli occhi degli altri può avere un ruolo fondamentale: condividiamo qui con te alcune idee per investire parte del tuo tempo per seguire o scoprire altre tue passioni.
Come sostiene Karen McFarlane Holman nel suo Ted Talk dal titolo “L’eccezionale impatto degli hobby sulla carriera” è proprio grazie alle passioni personali di ognuno di noi che possiamo contribuire al meglio nel nostro lavoro.
Le attività che svolgiamo nel tempo libero (in particolare quelle che ci richiedono dedizione, allenamento e impegno) possono generare preziose contaminazioni con la sfera professionale.
Se i tuoi hobby rispondono affermativamente ad almeno una delle seguenti domande, allora è bene per te coltivarli perché ne beneficerà la tua intera carriera 😉
- La mia passione mi consente di diventare più bravo/a a fare qualcosa? mi permette di sviluppare una particolare skill?
- La mia passione comporta che io debba prendere qualche rischio? Espormi a qualcosa di imprevedibile?
- Perseguire la mia passione mi porterà a realizzare un obiettivo o un desiderio importante per me?
Trovi il suo video di seguito 🔮
Alla prossima puntata 😉